De Laurentiis svela chi sta comprando il Bari. Poi la critica ai tifosi

A Bari l’aria cambia: promesse misurate, silenzi pesanti e due porte aperte sull’estero. Il San Nicola ascolta e aspetta la scossa.

Un presidente inquieto, uno stadio che ascolta, due porte socchiuse verso l’estero. Il finale d’anno del Bari si chiude così, con più domande che risposte e una sensazione che resta sospesa nell’aria del San Nicola: dove vuole andare davvero questa squadra, e con chi?

Luigi De Laurentiis con papà Aurelio e Carlo Verdone
Luigi De Laurentiis svela chi sta comprando il Bari. Poi la critica ai tifosi (AnsaFoto) – barlettasport.it

Luigi De Laurentiis, nella conferenza di fine anno, non ha scelto lo zucchero a velo. Ha parlato di basi, non di slogan. Ha ripetuto più volte un concetto chiave, quello delle “mani solide”, chiarendo che il futuro del club passa prima di tutto dalla struttura societaria. Ha aperto al dialogo con le istituzioni locali, ha ammesso senza giri di parole che la classifica non soddisfa, ha promesso attenzione sul mercato. Toni controllati, ma tensione evidente.

Tra risultati e identità del club

Il punto centrale è l’identità. Il Bari non è solo una squadra di calcio. Il Bari è un progetto che deve reggere tra stabilità economica e ambizione sportiva. Quando De Laurentiis parla di “mani solide”, non usa una formula generica. De Laurentiis richiama una necessità concreta, anche normativa.

Le regole FIGC sulle pluripartecipazioni (NOIF, art. 16: figc.it) impongono condizioni precise sul controllo dei club, soprattutto se si incrociano categorie diverse. Se l’obiettivo resta crescere, serve una proprietà coerente con regole e aspirazioni.

In questo quadro entra anche l’apertura al confronto con Comune e Regione. Il San Nicola non è solo uno stadio. Il San Nicola è un asset pubblico, simbolico e logistico. La gestione richiede piani chiari, sostenibili e condivisi. Senza una visione sul contenitore, diventa difficile costruire qualcosa di duraturo anche sul contenuto.

Sul campo, il presidente è stato diretto: investire sì, ma per ottenere risultati. Il mercato di gennaio diventa un passaggio tecnico prima ancora che economico. In Serie B basta poco per cambiare l’inerzia di una stagione. Un innesto giusto può accendere la squadra. Due scelte sbagliate possono complicare tutto. Servono profili pronti, stipendi sostenibili, equilibrio nello spogliatoio.

Due piste estere e il nodo tifosi

Il passaggio che fa alzare le antenne arriva a metà conferenza: due realtà straniere sarebbero pronte a investire nel Bari. Non ci sono nomi. Non ci sono Paesi indicati. Il dato non è verificabile nei dettagli, quindi resta una manifestazione d’interesse.

Il contesto, però, parla chiaro. L’arrivo di capitali esteri nel calcio italiano è una tendenza consolidata: proprietà USA alla Roma e al Milan, Commisso a Firenze, gestione mista all’Atalanta (Percassi-Pagliuca). Anche la Serie B osserva e attira fondi con approccio industriale. Bari rientra in questa mappa per storia, pubblico e potenziale.

Poi arriva la frase che fa discutere: “tifosi assenti”. Parole che bruciano, soprattutto in una piazza che vive di appartenenza. È vero che le ultime settimane hanno mostrato vuoti, tra risultati altalenanti e orari ostici. Ma la fotografia non è l’album.

Nella stagione 2022-23 la media spettatori del Bari superava i 24 mila, tra le migliori della B. Fuori dai Distinti, un ambulante sintetizza spesso l’umore: “Quando la squadra morde, la città corre.” Anche un investitore lo capisce al primo colpo d’occhio. Un San Nicola pieno vale più di qualsiasi presentazione in PowerPoint.

Cosa resta, dunque? Una proprietà che parla di “mani solide”, due investitori stranieri che bussano senza biglietto da visita pubblico, un mercato di gennaio da usare con precisione e una comunità che ogni weekend decide se esserci oppure no. Forse tutto si decide lì, nel rumore o nel silenzio. Perché il calcio, alla fine, è una trattativa continua tra fiducia e risultati. E a Bari, questa trattativa, è appena cominciata.

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